venerdì 14 aprile 2017

Le lacrime di Pietro - S. Ambrogio

«Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi.» - Luca 22,34

Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò. - Giovanni 18,25-27

Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente. - Luca 22,61-62



Perché ha pianto? Perché il peccato lo ha colto di sorpresa. Io sono solito piangere se non riesco a peccare, cioè, se non riesco a vendicarmi, se non ottengo ciò che ingiustamente desidero: e Pietro ha sofferto e pianto perché ha sbagliato come un uomo. Non leggo nel Vangelo che cosa disse, trovo soltanto che pianse. Leggo che pianse, non leggo che abbia cercato di scusarsi: ma ciò che non può essere difeso, può essere purificato. Le lacrime lavino la colpa che ci si vergogna di confessare a viva voce. Il pianto invoca il perdono e manifesta la vergogna.
Le lacrime confessano la colpa senza tremare, le lacrime confessano il peccato senza offendere il pudore, le lacrime non domandano il perdono, e l’ottengono.
Capisco perché Pietro non parla: è per non accrescere la gravità della colpa esigendo troppo presto il perdono. Prima bisogna piangere, così bisogna pregare.

Buone sono le lacrime, che lavano la colpa. Piangono coloro che Gesù guarda. Pietro ha negato una prima volta e non ha pianto, perché il Signore non lo aveva guardato. Ha negato una seconda volta, e di nuovo non ha pianto, perché ancora il Signore non aveva rivolto il suo sguardo verso di lui.
Nega una terza volta: Gesù lo guarda, ed egli pianse amaramente. (Cf. Lc. 22, 61-62)
Guardaci, Signore Gesù, affinchè noi sappiamo piangere i nostri peccati.
Tutto questo ci indica che anche le cadute dei santi ci sono utili: la negazione di Pietro non mi ha fatto danno; al contrario, io ho guadagnato dal suo pentimento, ho imparato a stare in guardia contro i discorsi dei perfidi. Pietro
in mezzo ai giudei ha rinnegato; Salomone, ingannato dalle sue compagnie pagane, è caduto in errore.

Pietro ha pianto, dunque, e molto amaramente; ha pianto per poter cancellare la sua colpa nelle lacrime.
Anche tu, se vuoi meritare il perdono, cancella le tue colpe con le lacrime: in quel momento Cristo ti guarda. Se incappi in qualche colpa, egli, testimone presente di tutta la tua vita segreta, ti guarda per ricordarti l’errore e spingerti a confessarlo. Imita Pietro che, in altra circostanza, dice per tre volte: « Signore, tu sai che ti amo ». (Gv. 21, 15) Ha negato tre volte e tre volte confessa la sua fede. Ha rinnegato di notte, ma ha confessato in pieno giorno.

Tutte queste cose stanno scritte perché apprendiamo che nessuno deve mai vantarsi. Infatti, se Pietro è caduto per aver detto: «Anche se altri saranno scandalizzati, io non mi scandalizzerò », (Mt. 26, 33) chi altri oserà tanto presumere di sé? Anche David, del resto, dopo aver affermato: « Ho detto nella mia sufficienza: non sarò mai smosso in eterno », confessa subito dopo che questa vanteria gli ha procurato danno: « Hai distolto da me il tuo volto, e io mi sono trovato nel turbamento ». (Sal. 29, 7 ss)

Donde ti posso richiamare, o Pietro, perché tu mi dica a che cosa pensavi mentre piangevi? Donde posso richiamarti? Dal cielo, ove tu hai già preso posto in mezzo al coro degli angeli, oppure dalla tomba, dato che certo non ti ripugna stare in questo luogo ove il Signore è risorto? Insegnaci che cosa ti hanno giovato le tue lacrime. Ma già ce lo hai insegnato: infatti, prima di piangere eri caduto, e dopo le lacrime sei stato eletto per guidare gli altri, tu che prima non sapevi condurre te stesso.

Dal Commento sul vangelo di Luca 10, 88-92 di Sant’Ambrogio.



Sant'Ambrogio (Aurelio Ambrogio, circa 340-397), uomo saggio membro di due importanti famiglie senatorie romane, verso il 370 fu inviato a governare le province dell'Emilia e della Liguria, con sede a Milano.
Qui intervenne a pacificare gli animi nell'aspra disputa fra ortodossi ed ariani, e la sua autorità fu tale che egli, pur semplice catecumeno, nel 374 venne acclamato dal popolo vescovo di Milano.

Si mise dunque a studiare le Sacre Scritture alacremente, apprendendo dalle opere di Origene, il maestro indiscusso della "scuola alessandrina", ed iniziando così in Occidente la pratica della lectio divina. Il metodo della lectio giunse a guidare tutta la predicazione e gli scritti di Ambrogio, che scaturiscono precisamente dall'ascolto orante della Parola di Dio.

Uomo di grande carità verso tutti, si prodigò senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure.
Difese inoltre la retta dottrina della fede, in particolare contro l'arianesimo ed il paganesimo, e scrisse inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che introdusse nella liturgia.
La sua sapienza ed il suo prestigio furono determinanti per la conversione di Sant'Agostino, il suo seguace più eminente.

Si addormentò nel Signore il 4 aprile 397, giorno in cui è commemorato dalle Chiese vetero-cattolica e luterana. La Chiesa cattolica celebra la sua memoria il 7 dicembre nel giorno della sua ordinazione, mentre la Chiesa ortodossa lo ricorda il 20 dicembre.

È venerato come Padre della Chiesa ed annoverato tra i quattro massimi dottori della Chiesa, insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio Magno.


Da:
- Decanati.it
- it.Wikipedia
- it.Cathopedia


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